I Prodotti sono tipici del centro-sud della Sicilia orientale, quella esposta all’area dello Scirocco, vento piuttosto caldo - ma carico dell’umidità iodata del mare che attraversa – che permette tante buone cose ma ne impedisce alcune altre.

     Partiamo dall’estremo sud. Nel territorio compreso tra Portopalo di Capo Passero, Pozzallo, Rosolini e Noto, estremamente insolato, posto tra i contrafforti meridionali dei monti Iblei e il mare,e che risente l’influsso del ponente, esiste ancora un vitigno autoctono che là e solo là, dà un vino -limpido rubino scuro- che“spara cauci” (spara calci) per gradazione alcolica e spiccata decisione del gusto, ma dagli effluvi sommersi mai troppo evidenti tanto che ci vuole un bel po’ di tempo per coglierli, insuperabilmente diversi da ogni altro vino, ma persistenti anche se (orrore!) miscelato: è il “pista e ammutta” nome che deriva dal fatto che non abbisogna di “stallo” dopo pigiato perché le uve già in partenza hanno tutto! Non dimentichiamo il sole e lo scirocco!  Non è un vino da pasto, è un vino intermedio da centellinare tra una portata e l’altra dando stura alla fantasia: ......estrema punta meridionale della Sicilia...... con il sole che picchia mitigato a stento da un leggero scirocco, con dinanzi lo Ionio di un azzurro mai visto, la mente che “gira” piano piano, non si sa se per il vino o il sole, gli occhi socchiusi che di tanto in tanto si allertano strizzandosi per capire se quel puntino bianco sull’azzurro sia un gabbiano sull’acqua, vicino, o una barca, lontana, che fa ritorno......

            

     Per motivi di economia contadina ( lo produceva lui stesso) vi era chi lo beveva a tutto pasto e ormai non potendo fare a meno di quel vino (malgrado che il vinello di Vittoria fosse a “due passi” )  pensò di mitigarlo lasciandolo nella “vasca del palmento” dopo la pigiatura per  24 ore o addirittura 48 e aggiungendo aromi naturali, soprattutto carrube, ottenendo un prodotto molto tanninico, corposo, al tempo stesso abbastanza dolce e fruttato nel quale persistono ancora, indissolubilmente, quegli effluvi dell’originale: è il cosiddetto “24 ore” o il “48 ore”.  E’ sicuramente un po’ difficile da accettare, ma è un’esperienza!

     Spostiamoci più a nord. Il territorio compreso tra Noto, Avola e Floridia,  protetto da ponente dagli Iblei, E’ LA “PATRIA” DELLA MANDORLA DI AVOLA  internazionalmente riconosciuta come la migliore del mondo!!! e non ha bisogno, quindi, di alcuna presentazione.

     Naturalmente tutti sappiamo che è la base di molti dolci anche fuori la Sicilia.

     Qui a noi interessa per alcuni superlativi prodotti della tradizione locale, in primo il TORRONE che proprio non ha niente a che vedere con i cosiddetti “torroni” che si ritrovano un po’ dappertutto, squallido tentativo di rielaborazione dell’originale per motivi industriali e di mercato con ingredienti adattati alla lavorazione automatizzata,uguale perfetta pezzatura, facilità di incartamento ecc. almeno che fosse torrone, invece è un dolce con mandorle e tanta “cosa bianca e dura”, a volte ricoperto di cioccolato che  spesso si stacca “liberando il bianco che avvolge qualche rara mandorla”. Magari sarà un discreto dolce, ma non è TORRONE

     Quello che vi presentiamo è il TORRONE DI AVOLA come si faceva una volta: solo mandorle pelate, leggermente tostate, pochi e leggeri aromi autoctoni, zucchero e soprattutto tanta “mano esperta”.

E’ ASSOLUTAMENTE UN PRODOTTO DI NICCHIA CHE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA VA GUSTATO !

Andrebbe abbinato a un dolce e fruttato passito, malvasia o “zibibbo di Siracusa”. Ma per una volta usciamo fuori dai canoni

Fingiamo di essere nelle terre contadine di allora, tra mare e monti, durante una ricorrenza locale, giorno di festa ma forse non di riposo. Accompagnamo il torrone con un “24 ore” o addirittura con un “pista e ammutta” !!!

 

Informativa completa pubblicata al sito: http://www.oksicilia.com/informativa.pdf